La scoliosi attraverso i secoli: da Galeno alla riabilitazione moderna
In ISICO, crediamo che conoscere la scoliosi significhi anche conoscerne la storia: un percorso lungo secoli, fatto di osservazioni, tentativi, scoperte e intuizioni che ci hanno portato fino ai trattamenti di oggi, sempre più efficaci e rispettosi della persona.
In occasione di questo mese vogliamo portarvi con noi in un piccolo viaggio nel tempo, per scoprire come è cambiato, nei secoli, il modo di guardare — e di prendersi cura — della colonna vertebrale.
Nel II secolo d.C., fu Galeno a coniare il termine scoliosis, dal greco skolios, che significa “curvo” o “torto”. Galeno proseguì la classificazione delle deformità vertebrali, introducendo anche i concetti di cifosi e lordosi, e ne analizzò le possibili cause, ipotizzando collegamenti con traumi, malattie sistemiche e alterazioni congenite. Per secoli, però, la scoliosi fu considerata esclusivamente come una patologia ortopedica strutturale, da “raddrizzare”, senza che si sviluppassero strategie preventive o trattamenti riabilitativi mirati.
Fu solo nel Medioevo che si iniziarono a progettare rudimentali strumenti di correzione: nel VII secolo d.C. si fa cenno all’uso di bastoni di legno per sostenere la schiena, mentre nel 1575, in Francia, fu realizzato il primo busto metallico correttivo. Il XIX secolo vide un ulteriore passo in avanti con il chirurgo francese Jules René Guérin, che fu il primo a tentare un intervento chirurgico per correggere la curva scoliotica, sebbene con scarsi risultati.
Una vera svolta si ebbe nel 1921, quando Katharina Schroth, una paziente tedesca affetta da scoliosi, sviluppò un metodo riabilitativo basato su esercizi posturali e respiratori. La sua intuizione — utilizzare la respirazione tridimensionale per agire sulle rotazioni vertebrali e sull’asimmetria del tronco — aprì la strada all’idea che fosse possibile trattare la scoliosi anche in modo conservativo, senza ricorrere unicamente alla chirurgia o al busto.
Negli anni ’50, il chirurgo statunitense Paul Harrington progettò un sistema di barre metalliche (Harrington rod) da impiantare chirurgicamente nei giovani pazienti per arrestare la progressione della curva. Sebbene rappresentasse una rivoluzione per l’epoca, questo sistema comportava anche rigidità e limitazioni funzionali. Per migliorare l’approccio chirurgico, negli anni ’80 i francesi Cotrel e Dubousset svilupparono un impianto a doppia barra in acciaio, capace di correggere in modo più stabile e armonico le deformità vertebrali.
Oggi, la gestione della scoliosi si è evoluta in un approccio multidisciplinare e personalizzato. Non esiste ancora una cura definitiva, ma è possibile intervenire efficacemente per prevenirne la progressione e ridurne l’impatto sulla qualità della vita. Diagnosi precoce, fisioterapia specifica come il metodo SEAS (Scientific Exercise Approach to Scoliosis), utilizzo mirato del corsetto e, nei casi più gravi, trattamento chirurgico, rappresentano le principali strategie terapeutiche.
Il cammino compiuto dalla medicina negli ultimi due millenni dimostra come la conoscenza e l’attenzione verso la scoliosi siano cresciute, trasformando una condizione poco compresa in un ambito in continua evoluzione scientifica, dove la ricerca, la prevenzione e la riabilitazione giocano un ruolo centrale.
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