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Scoliosi: parliamo di chirurgia

2 maggio, 2023 (08:27) Di: Sara Rossetti

La scoliosi è la più frequente deformità vertebrale nei bambini, adolescenti e giovani adulti, con una incidenza nella popolazione che arriva fino al 5.2%.

L’80% delle scoliosi viene diagnosticato durante l’adolescenza, un momento critico perché, di solito, questa patologia ha proprio la sua maggiore evoluzione in questo periodo con un peggioramento progressivo fino alla maturazione ossea (a circa 18 anni). E’ in questo lasso di tempo che la terapia deve stabilizzare il più possibile il naturale peggioramento della curva.

Il trattamento per scoliosi prevede diversi step a seconda dell’aggressività e della gravità della patologia, quali esercizi specifici e/o corsetto. Qualora questi strumenti non fossero efficaci o sufficienti può essere necessario ricorrere all’intervento chirurgico.

Solitamente l’intervento chirurgico si utilizza per curve sopra i 50°, dove bisogna ridurre l’entità della curva per evitare l’insorgere di problemi associati, quali dolore, peggioramento della qualità di vita, continua progressione della curva (circa 0.5-1° all’anno), problemi cardio respiratori (nelle curve più gravi) e, non per ultimo, impatto estetico.

Va detto però che l’intervento chirurgico è una terapia “senza ritorno”, con alcuni rischi associati, come per qualsiasi operazione chirurgica: ecco perché la scelta deve essere consapevole, analizzata accuratamente e condivisa tra paziente e medico.

La terapia chirurgica per scoliosi è sempre più utilizzata negli ultimi decenni, basta pensare che dal 1997 al 2012 è aumentata del 193%.

L’intervento chirurgico, che può essere effettuato secondo tecniche diverse (accesso anteriore, posteriore o misto), si basa sull’utilizzo della colonna vertebrale come un’impalcatura strutturale, stabilizzando la parte ossea con strutture metalliche e dandogli così una forma complessivamente più dritta.

Nonostante strumentazioni moderne, nuove tecniche operatorie e miglioramento dei risultati post-operatori per quanto riguarda la qualità di vita, continuano ad essere presenti rischi associati all’intervento. Il dolore post- intervento è uno dei sintomi più significativi per quanto riguarda la possibilità di un re-intervento a seguito del primo. Ad oggi, non sono ancora chiare le cause di questi dolori.

In uno studio condotto su 190 pazienti sottoposti a intervento chirurgico, il 19% ha subito un re-intervento in un arco temporale che va dai 2 agli 8 anni dopo il primo.

In questo studio, il 59% dei pazienti sottoposto a re-intervento ha ritenuto che il proprio dolore fosse stato ridotto, il 41% non ha segnalato una riduzione di dolore significativa, il 26% era molto insoddisfatto del risultato. [1]

Gli studi mostrano che le altre tipologie di complicanze hanno una frequenza che varia a seconda della procedura utilizzata (accesso anteriore, posteriore o misto). [2] Un comitato della Scoliosis Research Society (Morbidity and Mortality Committee) ha raccolto dati nel periodo compreso tra il 2013 e il 2020 sugli effetti conseguenti all’intervento chirurgico per scoliosi idiopatica, effettuato tra i 10 e i 18 anni di età. [3] Altri rischi possono essere lesioni cardio-polmonari (2.8%), complicanze addominali (3.5%), infezioni (0.4%), complicanze tromboemboliche o renali (0.1%). [4]

L’incidenza di queste complicanze è dovuta a diversi fattori, compresi condizione del paziente e abilità del chirurgo, oltre che fattori intra operatori. E’ importante che gli operatori che trattano scoliosi idiopatiche adolescenziali siano pienamente consapevoli dei possibili rischi dell’intervento chirurgico e che informino correttamente il paziente sui vantaggi e sulle possibili complicanze.

[1] Cook et al, Spine. 2000 

[2] H.T. Vigneswaran, Neurosurg. Pediatr. 2015 

[3] Bivona et al. Spine Deformity. 2022

[4] Omar A. et al, Surgical treatment of adolescent idiopathic scoliosis: Complications, 2020 

 

 

 

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