Il blog di Isico dedicato alla scoliosi
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LUGLIO COL BENE CHE TI VOGLIO…

22 luglio, 2013 (10:51) Di: Michele Romano

Nella malaugurata evenienza di dover pianificare un trattamento per una imprevista scoliosi qual è, in genere, il pensiero più negativo che comincia a turbare il futuro paziente?
Quasi sicuramente la prospettiva di dover utilizzare uno strumento di correzione esterno come un corsetto rigido.
E purtroppo il corsetto è una alternativa poco negoziabile quando l’entità del problema ha superato soglie specifiche.
In realtà esistono approcci terapeutici che non prevedono mai l’uso del corsetto (lasciamo perdere i casi che richiedono solo la chirurgia) perché si basano su ideologie alternative in cui un apparecchio di coercizione è visto come uno strumento assolutamente negativo. Poiché di questi pseudo approcci (aggiungo adesso questo prefisso) una delle caratteristiche è che non hanno ancora avuto il tempo di fornire un brandello di risultato relativo alla propria efficacia mi sfilo velocemente dalla polemica per evitare conflitti che sono la prassi…
Anzi, ripensandoci, non mi sfilo troppo velocemente perché una delle situazioni meno simpatiche del mio lavoro è il colloquio dopo le visite che regolarmente faccio. Nel caso sia stato prescritto un corsetto, perché la situazione non permetteva scelte più leggere vi garantisco che è sempre difficile sostenere il peso degli sguardi dei giovani futuri pazienti.
Allora chiedo ufficialmente a chi pensa che il corsetto sia inutile:
“Sareste così gentili da produrre qualche comprensibile prova che eviti di tracciare ancora strade impopolari (per chi le deve percorrere) ma che portano al raggiungimento dell’obiettivo?
Sareste così umani da far conoscere al mondo intero come fare a liberarsi dal peso di queste scelte pesanti ma indubbiamente efficaci?”
L’amara verità è che in tutte quelle condizioni dove il trattamento conservativo non può essere affrontato con proposte più light, il corsetto rappresenta, ancora oggi, il mezzo di trattamento più efficace e sicuro.
Le fasi di adattamento ai disagi del corsetto sono abbastanza trasversali: bisogna abituarsi a muoversi con, bisogna imparare a dormire con, bisogna superare il disagio di presentarlo agli amici.
Però, una prova che attende dietro l’angolo e a cui non sempre si pensa subito è l’arrivo del caldo.
Cioè, la prova delle vacanze.
Cioè, per dirla tutta, la prova delle vacanze al mare.
Cioè, la prova incontrovertibile che un pezzo di plastica può caricarsi del potere di trasformare un periodo di gioia irrefrenabile in un incubo.
C’è veramente poco da filosofeggiare. E’un momento difficile che può addirittura trasformarsi in una vera tortura quando si abita non troppo lontani dalle spiagge.
La fortuna che si aveva di non dover centellinare i giorni da trascorrere tra sabbia, scogli e onde si tramuta in una specie di iattura.
Come si fa cari ragazzi?
Non ci sono formule magiche.
E una sfida da affrontare a viso aperto, con il fondamentale appoggio della famiglia e il sostegno della propria volontà.
Vi ricordate, vero, che in numerose civiltà ormai scomparse oltre che in diverse altre, ancora esistenti ma poco conosciute, uno dei momenti più importanti nella vita dei giovani componenti è il passaggio nell’età adulta. Questa tappa cruciale rappresenta una prova pubblica che testimonia il superamento della protezione naturale dei genitori e il raggiungimento dello status di persona col pieno diritto di essere considerata matura e allo stesso livello degli altri componenti.
In alcuni casi vieni allontanato per un periodo dalla tua comunità per dimostrare di essere in grado di badare da solo a te stesso, in altri devi fare una prova di coraggio per dimostrare di non avere paura o di saper resistere al dolore. Sono sempre prove dure, che dovrebbero far trapelare le fragilità interiori o la forza d’animo e la determinazione.
Per dirla tutta, in definitiva, il periodo della giovinezza è universalmente costellato di prove da superare. Che si tratti di doversi lanciare da un albero con solo una liana alla caviglia, che si debba affrontare per un periodo la natura ostile senza aiuto, che si debba imbastire o rispondere a una prima dichiarazione d’amore, che si debba trascorrere una estate con un intimo ospite inatteso, quando si è ragazzi bisogna veramente cominciare a dimostrare quanto si è super!

Commenti

Commento di Elisabetta
Il 24/07/2013 alle 09:30

Il corsetto, è una corazza caro Dott. Negrini, l’ho provato io, mamma di due splendide ragazze l’ha provato mia figlia ora quindicenne, per poi sentirsi dire: il corsetto non è bastato devi operarti, e lo sta provando l’altra mia figlia di 10 anni. Tutte e tre abbiamo “perso” la nostra adolescenza per un “maledetto” corsetto. Le assicuro che è difficile, tanto difficile. D’accordo la famiglia ti può aiutare, ma che altro? Purtroppo negli anni 2000, non ci sono ancora soluzioni per sconfiggere il corsetto, tante invenzioni, tante cose che ci girano intorno, ma si torna al corsetto. L’armatura della giovinezza. E’ difficile accettarlo, è difficile vincere la paura degli amici, delle prese in giro, delle vacanze, dei vestiti che si rompono, per poi sentirsi dire: non è bastato! E allora si sacrificio che ho fatto, a cosa è servito? Si, è vero, dimostriamo che siamo SUPER, ma se serve!

Commento di Angela
Il 24/07/2013 alle 11:57

Cara Elisabetta,
sono la madre di un ragazzo di quasi diciotto anni che, a causa di una patologia vertebrale diversa dalla scoliosi ma che si inserisce nel filone delle patologie tipiche dell’adolescenza, ha portato negli ultimi due anni un busto, inizialmente per 23 ore al giorno e poi via via per un numero inferiore di ore. Inoltre eseguiva ogni giorno una serie di esercizi correttivi che hanno permesso di ridurre la rigidità vertebrale e potenziato i muscoli paravertebrali. Il problema non si è risolto al 100% ma la condizione generale è nettamente migliorata. Il disagio, la sofferenza, l’imbarazzo di portare un busto sono innegabili, ma prova a cambiare ottica: un intervento chirurgico in età puberale quando è massima la crescita dei ragazzi, risolve sicuramente il problema estetico, ma potrebbe non incidere sulla patologia, anzi, il rischio è che venga bloccata la crescita e si crei una rigidità vertebrale che rende la vita ancor più complicata del corsetto. Il dott. Negrini penso possa spiegarti meglio le criticità legate agli interventi chirurgici sulla colonna in fase adolescenziale. Un’altra considerazione è di carattere generale e riguarda la sequenzialità con cui in medicina si opera: laddove possibile si inizia con interventi meno invasivi, cioè meno rischiosi ma che, secondo consolidate evidenze scientifiche, siano in grado quantomeno di migliorare una patologia, per utilizzare successivamente, laddove appropriato, tecniche e strumenti via via più complessi quale per esempio l’intervento chirurgico che, ti assicuro, non è affatto scevro da rischi sia in fase intra che extra operatori sia anche dal punto di vista del risultato finale. L’atteggiamento disfattista, per carità assolutamente comprensibile e condivisibile, con cui ti poni rispetto al corsetto non giova affatto alle tue figlie che hanno bisogno di stimolo, incoraggiamento e soprattutto ottimismo, in primo luogo da parte della famiglia. Non vogliamo figli esteticamente perfetti, ma figli per quanto possibile sani e penso che sacrificare alcuni anni, sebbene così importanti nella vita di un giovane, per tentare di avere e spesso ottenere dei buoni risultati forse vale la pena. Poi….la medicina ogni giorno fa passi da gigante, abbi fiducia.
Buona vacanze

Commento di Elisabetta
Il 24/07/2013 alle 12:54

Cara Angela, forse non ti è stato chiaro il mio messaggio, volevo dire che certo, bisogna essere ottimisti, e chi non può esserlo più di me, dopo aver portato io il corsetto e poi entrambe le mie figlie, se poi, dopo aver fatto tanti sacrifici, bei discorsi, incoraggiamenti, una mia figlia è stata operata e so benissimo non bene cosa vuol dire vivere quei momenti ed aver ancora il sorriso, e poi l’altra mia figlia che lo porta da un anno e mezzo ed ora ha solo 10 anni, ed aver il pensiero che sta facendo un ENORME sacrificio, con il dubbio che arrivi anche lei all’intervento. E allora la mia domanda è: chi mi assicura che il corsetto serve?

Commento di Raffaella (osolemio23@hotmail.com)
Il 24/07/2013 alle 14:55

Cara Elisabetta, garanzie ovviamente non ce ne sono ma ogni caso è a sé e vale la pena provare con tutti i mezzi ad evitare l’intervento in età così giovane, poi è una questione di scelta, si può anche non fare niente fino ai 13/14 anni e vedere come va, se è il caso si opera (wait and see)
Ma a me se dicessero ti rioperesti a 13 anni senza aver mai portato un busto in vita tua o 10 anni di corsetto e la POSSIBILITA’ di evitare l’operazione, non avrei alcun dubbio nello scegliere la seconda ipotesi ;(
Poi ognuno fa come vuole.

Commento di Sabrina Donzelli
Il 25/07/2013 alle 12:03

Cara Elisabetta,
qui non si fanno solo bei discorsi e incoraggiamenti. In ISICO la scoliosi si cura con tutte le armi che il trattamento conservativo ci offre, purchè abbiano dato prove di dimostrata efficacia a livello scientifico.
I corsetti vengono scelti e prescritti ai pazienti dopo attenta valutazione e dopo discussione insieme alla famiglia ed ai pazienti. Si cerca di stimare tutti i rischi impegnandosi sempre nella scelta più giusta, ovvero il trattamento con il più alto potenziale di efficacia ma con il più basso impatto sui pazienti. Certo si lavora tutti stimando dei rischi, quanto è veramente aggressiva la scoliosi è però un’informazione che si scopre con certezza solo dopo il trattamento.
La risposta alla sua domanda è: il corsetto prescritto secondo indicazioni specifiche, ben costruito, efficace ed efficiente, portato bene dai ragazzi e sempre associato agli esercizi funziona nell’arrestare la progressione della scoliosi e in molti casi la migliora. Detto ciò devo ricordarle che in medicina le certezze sono davvero poche.
Per il resto la Signora Angela ha ampiamente espresso il pensiero di ISICO su come affrontare la terapia con corsetto.
Vi faccio tanti auguri
Sabrina Donzelli

Commento di Fabio Zaina
Il 25/07/2013 alle 15:32

Cara Signora Elisabetta,
mi spiace molto per la frustrazione che i problemi di salute della vostra famiglia stanno causando a lei e alle sue figlie. Purtroppo in medicina nessuna terapia può garantire il 100% di risultato. Pensi che a volte anche le cose banali possono portare a conseguenze gravissime e che la gente nemmeno si immagina. Un esempio? L’influenza! Sa che si può morire anche di influenza? Le sembra assurdo che una patologia così “banale” (banale almeno nell’immaginario collettivo), possa causare il decesso non solo di persone anziane ma anche di bambini? Eppure è così, anche oggi (non mi riferisco certo ai poveri nativi americani del 1500)!
Quindi, anche per le terapie della scoliosi a volte dobbiamo accettare il fatto che la patologia è più forte di quello che la nostra conoscenza ci permette di fare, più forte delle terapie. Ma questo lo si scopre solo tentandole, quelle terapie. Facciamo un ipotesi: se sua figlia non avesse usato il corsetto ma su consiglio medico fosse arrivata all’intervento e poi ci fosse stata una complicazione, magari una grave, e solo dopo avesse scoperto la possibilità di tentare una terapia con il corsetto per evitare la chirurgia, come si sentirebbe? Frustrata? Distrutta? Colpevole per non aver offerto a sua figlia la possibilità di provare una strada alternativa? O arrabbiata con il medico che non l’aveva informata delle possibili alternative prima di un approccio irreversibile? Nel vostro caso, il tentativo è stato fatto, non ha portato ai risultati sperati, e siete arrivati all’intervento. Ma prima avete tentato. Avete avuto una possibilità. Davvero non pensa che sia importante?
Le devo però confessare che ci sono due frasi del suo post che mi hanno colpito in modo particolare, quando lei ha scritto “Tutte e tre abbiamo “perso” la nostra adolescenza per un “maledetto” corsetto” e poi ancora “Purtroppo negli anni 2000, non ci sono ancora soluzioni per sconfiggere il corsetto”. Cara Signora Elisabetta, lei e le sue figlie avete una patologia, si chiama scoliosi! Il corsetto è una terapia, può non piacere (nessuno ne va matto, mi creda, nemmeno io o i miei colleghi siamo contenti quando dobbiamo prescrivere un corsetto) ma non è questo il problema. Lei ha spostato il problema dalla patologia alla terapia. Se non si riesce ad accettare che c’è una patologia, allora come si può accettare una terapia così faticosa? Chi fa la guerra al corsetto perde, perde sempre, e fa vincere la scoliosi. Chi fa la guerra alla scoliosi e ha il coraggio di usare lo “scomodo alleato” molto spesso – purtroppo non sempre – vince! Questa è la realtà. E molto spesso non si rovina l’adolescenza, perché pensa a vivere e non al corsetto quello basta metterselo addosso e fa il suo lavoro, mica c’è da pensarci! E queste parole non sono mie, ma di tante ragazze che hanno affrontato questo difficile percorso e non si sono lasciate abbattere dalle difficoltà, ma hanno lottato con coraggio e hanno vissuto un’adolescenza un po’ più scomoda ma assolutamente normale.
Mi spiace molto che lei non abbia ancora accettato il suo problema di salute e quello delle sue figlie. Spero che riesca a farlo presto, per aiutare la sua più piccola come merita, in modo che anche lei abbia una possibilità di sconfiggere il suo problema di scoliosi!
Sa cosa ho imparato in questi anni di professione? Glielo spiego raccontandole la storia di un paio di pazienti mie:
la prima paziente ha una scoliosi di media entità oltre ad un dorso curvo, deve portare il corsetto per una quindicina d’ore al giorno e fare gli esercizi. E’ discretamente brava con il corsetto, ma all’idea di dover fare gli esercizi ha delle reazioni esagerate, dice che gli esercizi sono umilianti, che non li vuole assolutamente fare, e va in crisi. Sembra proprio che stia vivendo molto male la sua condizione.
La seconda paziente ha una scoliosi grave, molto grave, al limite di quello che è ragionevole provare a curare con un corsetto, ma vuole a tutti i costi provare a curarsi con il corsetto, non vuole operarsi, e piange per tutta la prima visita per avere il corsetto e provarci. E come il corsetto arriva è serena, lo porta sempre, con assoluta regolarità, e fa anche gli esercizi e non si fa problemi a uscire, andare a scuola e fare la sua vita.
Cosa voglio dirle con queste due storie? Che nella vita non conta quello che ci succede, ma conta come noi lo viviamo!
In bocca al lupo cara Signora Elisabetta, sia a lei che alle sue ragazze, e provi a guardare le cose da un’altra prospettiva.
Fabio Zaina

Commento di Stefano Negrini
Il 26/07/2013 alle 10:44

Gentile signora,
ci sono a volte interventi che ci colpiscono molto e rispondiamo in più di uno, perché sentiamo cose diverse e ci pare giusto comunicarle a questo nostro piccolo mondo di sofferenza e di speranza che è il nostro blog (sì, nostro, anche di noi medici, perché qui siamo in gioco come persone e non solo come professionisti).
Io non aggiungo nulla a quanto detto da Sabrina e Fabio, ma non posso fare a meno di chiedermi come mai comunque sta facendo affrontare anche alla sua seconda figlia la stessa terapia: credo perché la speranza di evitare l’intervento non è morta in lei e forse quello di ora sul blog è solo un momento di paura e di sconforto che forse neanche comunica a sua figlia – o forse il blog è seguito anche da sua figlia e sta cercando il modo di comunicare questa sua … non so come chiamarla… paura, sfiducia, terrore, che altro ? … Non lo so e non lo posso sapere, ma quando facciamo qualcosa e ne pensiamo un’altra c’è quasi sempre un perché nascosto dentro di noi che vale la pena indagare.
Una piccola riflessione sui corsetti: non tutti sono uguali, ci sono quelli che funzionano e quelli che fanno schifo (perché si devono chiamare le cose con il loro nome). In vita mia ne ho visti anche di quelli che fanno peggiorare, così come ne ho visti di splendidi fatti da altri colleghi. Nello stesso modo, non tutte le equipe terapeutiche sono uguali: ce ne sono che aiutano e ce ne sono che ti lasciano solo.
Un consiglio, legga il dibattito acceso che ho avuto 3 anni or sono (agosto 2010) con la signora Paola, anche lei prima trattata e poi operata e per niente contenta di aver usato il corsetto: le farà capire come la pensiamo noi in proposito, perché certo non siamo per l’accanimento terapeutico.
Gentile signora, coraggio, tanto coraggio come le mamme sanno sempre dimostrare ai figli, anche quando per “colpa” loro si trovano ad affrontare di nuovo i loro fantasmi che speravano sepolti – anche su questo la scoliosi è veramente tremenda… Vinca per sua figlia !
Auguri
Stefano Negrini

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