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Storie di scoliosi: coraggio e fragilità

26 febbraio, 2013 (15:47) Di: ISICO

Pubblichiamo volentieri questi due bellissimi commenti. Sappiamo che nel caso della scoliosi non si può mai sapere che cosa veramente è stata solo tortura (magari per ignoranza, non necessariamente per Mengeliana sperimentazione o per delinquente tornatoconto personale) e che cosa in realtà sia stata comunque terapia che ha evitato un peggioramento ancora maggiore.
Cara El (ma anche cara Ornella da Udine), purtroppo la scoliosi un momento non c’è, il momento dopo compare: questo non vuol dire che ci sia stato un errore prima. E’ così: la tua tristezza, la tua rabbia, la tua mancanza di affetto non passano e dipendono da COME la terapia è stata fatta e i SEGNI che ha lasciato su di te. Per questo il tuo intervento è un VALORE ASSOLUTO. Non significa però che la tua terapia non abbia funzionato: non possiamo saperlo.
Con la scoliosi, purtroppo, non abbiamo certezze, perché anche la cura migliore del mondo fallisce se la scoliosi è molto cattiva, così come la cura peggiore ha successo se la scoliosi non ha potenziale evolutivo..

Ho venticinque anni e dai 3 ai 20 anni circa mi sono curata le ossa, se si può dire. Dico questo perché, prima di sapere di cosa soffrissi, ci sono voluti, uno pseudo ortopedico ( che mi curò con ogni sorte di strumento di tortura – plantari, stecche alle gambe etc – senza inquadrare il problema alla schiena); quello che all’epoca era il primario di ortopedia di un importante ospedale (che declassò la mia scoliosi con doppia curva a “S” italica con curve in partenza di oltre 30° a un semplice atteggiamento scoliotico, risolvibile in pochi mesi ) e il suo vice il quale con l’aiuto di un tecnico competente in vero, almeno fin quando non venne cacciato dall’ospedale per “mazzette” -che squallore- non fece peggiorare di troppo la situazione inizialmente.Non parlo male di questi signori per vendetta ma per stupore e sdegno, lo stesso che ho provato leggendo alcune di queste testimonianze. Possibile esistano “luminari” di tal specie?
E’ possibile che dopo aver sopportato circa un anno di corsetti edf (prevalentemente in periodo estivo…con tutto quel che comporta piaghe e simili) e quasi dieci anni di Lionese , Cheneau per finire positivamente con uno Sforzesco;
dopo aver condiviso con dolore indescrivibile la solitudine e l’annientamento psicologico di visite di controllo, visite di nulla osta da parte dell’Asl, lezioni con studenti fatte senza neppure chiedere il permesso a me o ai miei genitori, dopo aver sopportato l’ilarità di medici stupidi e l’insofferenza di altri che certamente avranno avuto a che fare con sofferenze peggiori ma che non hanno rispettato la nostra (già solo per il fatto di farsi pagare finanche viti e adesivi per non far strappare gli indumenti) ; dopo aver subito l’ignoranza dei coetanei da cui pure dovevo dipendere per liberarmi di quella prigione, affatto adatta a una vita autonoma anche solo per poter andare in bagno e aver sopportato la mancanza di cuore e di tatto delle persone; possibile che non me ne importi più nulla al confronto dell’angoscia di sapere che il dolore che ho provato io potrebbero sopportarlo i miei figli?
Vorrei sapere dalla scienza che il mio dolore, piccolo e insignificante rispetto ad altri, non è stato vano. Hanno sperimentato tanto su di me “per il progresso della scienza” e porto su di me tutti i segni e gli inestetismi che mi hanno reso questi anni ancora più insopportabili. Ho letto da qualche parte nel Blog da parte di uno dei dottori un avvertimento giustissimo “una schiena migliorata e una testa salva”. Non è meno importante l’equilibrio e la serenità mentale. Mi sono svegliata donna con un corpo rovinato da anni di errori, senza contare cosa ha comportato emotivamente…la mia fragilità è nauseante anche per me stessa.. non voglio commiserarmi e non voglio la pietà di nessuno… vorrei solo una promessa per il futuro nostro e di tanti e la rassicurazione che nel dolore, in tutti e verso tutti i tipi di dolore ci fosse maggiore rispetto.
Ai genitori vorrei suggerire di non reprimere le emozioni dei figli per suscitare in loro reazioni da adulti alle difficoltà . Non è sempre positivo, meglio un abbraccio: la mancanza di contatto è la cosa che mi faceva più soffrire in quel periodo, portando quei bustoni, (gli abbracci di mia nonna così piccola e così dolce riuscivano a farmi sentire il suo calore fin dentro l’anima anche se era difficile fisicamente…) Questo commento è frutto più di sconforto: gli anni passano ma il dolore che spesso di mattina si presenta alla schiena e alla gamba con la paralisi temporanea dell’arto, mi avverte che ho solo imparato a convivere con un disturbo. Pensare di avere dei figli che potrebbero avere lo stesso disturbo fa male…molto…per tutti questi motivi dico che forse fisicamente la cura aiuta e mentalmente può essere sopportata ma emotivamente distrugge… Spero che qualche commento più solido e saggio delle inconsistenze mie, felicemente mi smentisca e contraddica… anche se, per il passato, ahimé non s’è trattato di un brutto sogno!
A tutti però dico di aver coraggio… il dolore è sempre un viaggio al di là dei limiti che crediamo di avere e vale sempre la pena di viverlo. E’ passeggero in tutti i sensi: è breve, è di compagnia e trasforma..
EL

Leggendo questo messaggio, El, la prima cosa che mi verrebbe spontaneo fare se fossi di fronte è abbracciarti. Non hai avuto tutto quello che una bambina e ragazza dovrebbe avere e ricevere durante una cura.. ci saranno stati errori per incompetenza, per superficialità, per ignoranza, per vari motivi.. sbagli commessi quasi di routine da chi doveva seguirti, perché c’è chi va avanti senza sapere quello che fa, o sapendolo fin troppo bene. In tutti i campi purtroppo ci sono le mele marce. Non è giusto, non è comprensibile né ammissibile se a pagarne le spese poi sono proprio i bambini. La tua richiesta perciò è più che lecita. È un imperativo “MAI PIU’ !”. La cura non dovrebbe mai essere un esperimento e nessuno una cavia.
Vero è che in alcuni casi si parla di tentativo perché si ha di fronte un disturbo o una patologia difficile, per i quali non si ha certezza di buoni risultati. Ma sempre nel rispetto della persona, del malato, con la convinzione che quella è la miglior soluzione – in quel momento- e che si sta facendo il massimo. Se questo manca, diventa una battaglia contro tutto e tutti, contro la malattia, la terapia (che diventa forse anche peggio), i medici, in questo caso anche i busti.. tutto è fatica, non c’è niente di chiaro, contro cosa ci si deve difendere, è snervante, impossibile..una tortura. Perché questo?! Perché si lavora così?!..
Poi magari dopo anni vieni a sapere che da altre parti c’è chi lavora diversamente, lavora bene; bambini con lo stesso problema curati correttamente; è vero che ci vuole anche fortuna..
Quello che ti vorrei dire è questo: le esperienze, anche se negative, ci danno la possibilità di capire di più, di scegliere in modo più attento, di aprire gli occhi.
Non sarà la tua fragilità ad essere nauseante, potranno solo esserlo in senso positivo la tua forza e il tuo coraggio. Ogni dolore va rispettato, parole sante. E non è umano non rispettare quello di un bambino. La cura è più leggera se c’è affetto, serenità, amore. E’ bellissimo quello che hai scritto, gli abbracci di tua nonna così piccola e dolce riuscivano a farti sentire il suo calore fin dentro l’anima. Qualsiasi cosa succederà in futuro, sarà questo calore che trasmetterai a chi incontrerai, a chi verrà dopo di te, ai tuoi figli, senza nessuna paura. Ci sarà quel contatto che a te è mancato, ci saranno baci e carezze, e tanta comprensione, ne sono sicura. Riuscirai a dare tutto ciò che non hai avuto. E pensando a chi ti ha sollevato e capito tanto nei momenti più duri puoi ricordare, se ti va, le parole di una canzone: “ Tutte le cose che vivrò, avranno dentro un po’ di te”.
Ti abbraccio di nuovo.
Ciao

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